Intervista con Elena Ferrante
Finalmente
svelata l'identità della scrittrice de "L'Amica Geniale" tanto
apprezzata dagli studenti dei miei corsi, Per loro sono queste righe disponibili integralmente qui.
Per presentare il suo nuovo Libro "La Frantumaglia" ecco una intervista che è interessante leggere e discutere ve la propongo come base per una discussione
Il testo è un esempio di linguaggio "difficile" e, a tratti, solipsistico (ossia parlare a se stessi) ma è ricco di termini nuovi che se vorrete potremo analizzare insieme
"Elena Ferrante sono io": Nicola Lagioia intervista la scrittrice misteriosa
Non ha mai voluto rivelare la sua identità lasciando che a parlare fossero solo i suoi libri. Il perché l’autrice de L’amica geniale lo spiega in questo colloquio: "Scrivere è di per sé già un atto di superbia..."
Nicola Lagioia: uno degli aspetti più potenti de L'amica geniale riguarda il modo in cui viene resa
l'interdipendenza tra i personaggi. È evidente nel rapporto tra Lila e
Elena, nel modo in cui ognuna riesce a depositare nell'altra la propria
forma, la quale (proprio come una forma di vita autonoma)
continua ad agire al di là della presenza fisica che l'ha generata. Ogni
volta che Lila svanisce dall'orizzonte degli eventi di Elena, continua
comunque ad agire nell'amica e, si presume, accade anche il contrario.......
Elena Ferrante: da dove
comincio? Dall'infanzia, dall'adolescenza. Certi ambienti napoletani
poveri erano affollati, sì, e chiassosi. Raccogliersi in sè, come si
dice, era materialmente impossibile. Si imparava prestissimo ad avere la
massima concentrazione nel massimo disturbo. L'idea che ogni io è, in
gran parte, fatto di altri e dall'altro non era una conquista teorica,
ma una realtà. Essere vivi significava urtare di continuo contro
l'esistenza altrui ed esserne urtati, con esiti ora bonari, l'attimo
dopo aggressivi, quindi di nuovo bonari.
.....
Nicola Lagioia: Nonostante Lila - quando lo va a sentire accompagnata da Nino - mostri di apprezzare molto Pasolini, ne L'amica geniale non compare mai l'ombra di un Ninetto Davoli.....
Elena Ferrante: Malaparte
non so, dovrei rileggerlo. Non ho mai avvertito alcuna consapevole
affinità con "La pelle", una lettura che risale a molto tempo fa. Ma
devo ammettere che anche Gennariello l'ho sentito sempre assai distante
dalla mia esperienza. È il capitolo del 'Mare non bagna Napolì
intitolato 'La città involontarià che, anche in fasi diverse della mia
vita, mi è sembrato un punto di partenza necessario, se mai avessi
provato a raccontare ciò che mi pareva di sapere sulla mia città.......
Nicola Lagioia: Per Lila e
Elena lo studio è fondamentale. Farsi una cultura è l'unico percorso
davvero degno per uscire dallo stato di minorità. Nonostante i tanti
guai che devono affrontare nel corso della vita, raramente le due amiche
perdono fede nel potere dell'istruzione. Anche quando....
Elena Ferrante: innanzitutto
non lo ridurrei a solo strumento di emancipazione. Lo studio è stato
soprattutto sentito come essenziale alla mobilità sociale. Nell'Italia
del secondo dopoguerra l'istruzione ha cementato vecchie gerarchie ma ha
anche avviato una discreta cooptazione dei meritevoli, tanto che anche
chi restava in basso poteva dirsi: sono finito così perché non ho voluto
studiare. La storia di Lenù, ma anche di Nino, mostra questo uso
dell'istruzione. Ma nel racconto c'è anche il segnale di una
disfunzione: alcuni personaggi studiano e tuttavia il loro percorso si
inceppa. ......
Nicola Lagioia: se è vero, come ho letto in più di un pezzo, che L'amica geniale
non ha aperture verso il trascendente (almeno per come il trascendente è
stato reso letterariamente in gran parte del Novecento), ci sono le smarginature
di Lina. I momenti fondamentali, vale a dire, in cui il mondo si scolla
davanti agli occhi di una delle due protagoniste, va fuori asse
mostrandosi nella sua insostenibile nudità: una massa caotica e informe,
"una realtà pasticciata, collacea", priva di senso. Sono attimi
rivelatori, ma si tratta di rivelazioni ogni volta terribili......
Elena Ferrante: mi
meraviglio sempre quando qualcuno mi segnala come un difetto il fatto
che nelle mie storie non si apre al trascendente. Qui voglio passare a
una dichiarazione di principio: a partire dai quindici anni, non credo
al regno di nessun dio nè in cielo nè in terra, anzi dovunque lo si
dislochi mi sembra pericoloso. D'altra parte condivido l'opinione che la
gran parte dei concetti che maneggiamo sia di origine teologica. La
teologia aiuta a capire da dove sono scaturiti i fondi di caffè a cui
tuttora ricorriamo. Per il resto non so che dirle. ......
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