A partire dalle 9 completeremo il video "Morte in mare aperto" che abbiamo iniziato sabato scorso.
Ciascuni è pregato di presentare un riassunto di quello che è successo prima di riprendere la visione.
L'incipit del racconto:
Morte in mare aperto
Era 'na matinata di primavera e Montalhano si stava vivenno la solita cicaronata di cafè quanno sonò il tilefono. Era Fazio.
«Che c'è?».
«Ha telefonato Matteo Cosentino che...».
«Scusa, chi è?».
«Matteo Cosentino è il propietario unico di cinco piscaricci».
«E che voliva?».
«Voliva dirinni che in uno dei sò piscaricci, il Carlo III, ce stato un incidenti e hanno un morto a bordo».
«Ma che tipo d'incidenti?».
«Pari che un omo dell 'equipaggio ha ammazzato per sbaglio al motorista».
«E 'sto piscariccio indov'è?».
«Sta tornanno a Vigàta. Tra un tri quarti d'ura attraccherà. Lei può
viniri direttamentì al porto, io ci staio annanno. Devo avvirtiri il
pm, la Scientifica e compagnia bella?».
«Prima videmo come stanno le cose».
Mentri che s'addiriggiva verso Vigàta si spiò per quali mistiriosa
scascione Cosentino avissi dato al piscariccio il nomi di un re di
Spagna, ma non seppi darisi 'na risposta.
La zona riservata ai piscaricci era nella parti esterna del molo
cintrali. Ccà c'era 'na longa filata di magazzini frigoriferi. Non era
l'ura del rientro dalla pisca epperciò c'era picca genti.
Montalbano vitti la machina di servizio e le si firmò allato. Fazio
era tanticchia cchiù distanti e parlava con un sissantino tracagno e
trasannato.
Fazio fici le presentazioni. Matteo Cosentino spiegò subito al
commissario che il piscariccio ritardava pirchì il motori non funzionava
bono.
«Lei come ha saputo dell'incidente?».
«Attraverso la radio di bordo. Stanotti alle tri mi chiamò il capobarca».
«E lei a che ora ha telefonato in commissariato?».
«Alle setti».
«Ma perché ha lasciato passare tutto questo tempo?».
«Commissario, la facenna è successa a cinco ure di mari da ccà. Si
io lo chiamavo che faciva? Si 'mbarcava e li raggiungiva 'n mari
aperto?».
«Il capobarca le ha detto com'è successo l'incidente?».
«L'accenni pure a me».
«Il motorista, che s'acchiamava Franco Arnone, s'attrovava dintra al
vano motori pirchì c'era qualichi cosa che non funzionava e Tano
Cipolla, uno dell'equipaggio, era assittato supra al bordo del
boccaporto e chiacchiariava con lui pulizianno la sò pistola quanno...».
«Un momento. Gli equipaggi dei suoi pescherecci sono armati?».
«A mia non arresulta».
«E come lo spiega che Cipolla era armato?».
«E chi nni saccio? Glielo spiasse a lui quanno arriva».
«Sta entrando un peschereccio» disse Fazio.
Matteo Cosentino taliò verso l'imboccatura del porto.
«E il Carlo III» confirmò.
Montalbano non resisti alla curiosità.
«Mi scusi, ma perché ha chiamato così il suo peschereccio?».
«Tutti i mè piscaricci s'acchiamano Carlo e vanno da uno a cinco. E il nomi del mè unico figlio che morse a vint'anni».
Mentri che il piscariccio stava accostanno, 'na poco di sfacinnati s'avvicinaro, 'ncuriosuti dal rientro fora tempo della varca.
Appena che si sarebbi saputo che c'era un morto a bordo, le pirsone
sarebbiro addivintate un centinaro, facenno 'na gran confusioni e
distrubbanno il travaglio.
Montalbano pigliò 'na ràpita decisioni. Parlò arrivolto a Cosentino.
«Non faccia scendere nessuno dell'equipaggio, saliamo noi tre a bordo e dopo il peschereccio se ne riparte».
«E dove gli dico di andare?» spiò Cosentino.
«Mi basta che esca dal porto, poi si fermi dove vuole».
Deci minuti appresso il piscariccio si dunnuliava a motori astutato a
mezzo chilometro dal faro che era la meta delle jornaliere passiate
digestive del commissario.
Dal ponti, talianno attraverso il boccaporto dintra al vano motori, il corpo dell'ammazzato si vidiva bono.
Stava in una posizioni stramma, era agginocchiato davanti al motori,
col vrazzo dritto tinuto in avuto da 'na manopola contro la quali gli
si era 'ncastrata la mano.
La parti di darrè della testa non ci stava cchiù, frammenti d'ossa e materia ciribrali erano 'mpiccicati nelle pareti del vano.
«Chi è Tano Cipolla?».
Dal gruppo di setti marinari che si nni stavano a puppa a parlari
con Cosentino, si staccò un quarantino sicco sicco, pallito per il
nirbùso, l'occhi spirdati, i capilli dritti supra alla testa. Si
cataminava a scatti, come un pupo miccanico.
«È stata 'na disgrazia! Io mi nni stavo...».
«Questo me lo racconterà dopo. Adesso si vada a mettere nello stesso
posto in cui si trovava nel momento in cui sparò al motorista».
Cipolla protistò. Aviva la voci che gli trimava, l'occhi chiaramenti pronti alla chiangiuta.
«Ma io a Franco non ci volivo sparari!».
«D'accordo. Ma intanto mi faccia vedere».
Tano Cipolla, sempri come a un pupo, s'assittò supra al bordo del
boccaporto con le gammi che gli pinnuliavano dintra al vano motori.
«Accussì priciso mi nni stavo. E chiacchiariavo con lui che 'ntanto travagliava».
(Incipit pubblicato su
Il Secolo XIX, 23.10.2014)
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