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2021/11/10

Chi abusa usando l'inglese lo fa per snobismo.

 Condivido quanto pubblicato da Gian Antonio Stella sul Corriere della sera 

9 novembre 2021

Le parole (sbagliate) dei provinciali

C’è chi insiste ad abusare dell’inglese, dando prova di elitarismo, ignoranza, vanità

«Alò! È il faiv faiv faiv for tris? Dico: è il faiv faiv faiv for tris?» Sono passati 67 anni dalla
mitica telefonata di Alberto Sordi che, nei panni di Nando Mericoni in Un americano a Roma,
sveglia in piena notte l’onorevole Antenore Borgiani vantandosi di essere «Santi Bailor
american attraction» o qualcosa di simile. Eppure c’è chi insiste ancora ad abusare
dell’inglese. Prova provata, spiegò anni fa il professor Francesco Sabatini, del proprio
inguaribile provincialismo.
Non solo provincialismo, precisò allora il presidente onorario dell’Accademia della Crusca:
«Ignoranza. Elitarismo. Vanità. E desiderio di dominio: “io parlo una lingua che tu non sai
parlare”. E più si fa strada il populismo, meno si parla una lingua che il popolo può capire.
Vedi, ad esempio, il “jobs act”».
Che senso c’è, chiede oggi l’Accademia, a usare per i vaccini la parola «booster» (boh...)
invece che «richiamo», usato da decenni dagli italiani? Perché usare il «medichese»? Il bello
è che si tratta, nell’ultima settimana, del secondo intervento dei custodi della nostra lingua.
Giorni fa infatti, il gruppo Incipit che esamina e valuta neologismi e forestierismi, se l’era
presa con Poste Italiane: «Chi intende avvalersi delle Poste per spedire un pacco deve fare i
conti con un fatto imprevisto: la posta non trasporta, consegna, distribuisce e recapita, bensì
si occupa di delivery, come nei paesi anglofoni». Perché mai ribattezzare «Posta Celere» o
«Pacco Ordinario» con «Delivery Express, Delivery Standard, Delivery Globe, Delivery
Europe, Delivery International Express, Delivery Web»? Magari «sono nomi che
probabilmente vogliono evocare l’aggiornamento tecnologico», ma «sicuramente non
rendono l’offerta più perspicua e chiara, e neppure facilitano il contatto con il pubblico o la
scelta del prodotto».
Parole d’oro. Ne scriveva già il grande Tullio De Mauro nel 1977: «Dobbiamo essere rispettosi
delle terminologie tecniche, e anche del parlare difficile quando questo è dettato da necessità
tecniche. Il matematico deve parlare da matematico, e se uno scienziato fa una conferenza sul
cosmo, forzatamente deve servirsi delle parole adatte. I microbiologi non sono obbligati a
farsi capire da tutti». L’avviso sulle carrozze ferroviarie, però, no: «Il suo messaggio è
spiegarmi che devo pagare una multa se sporco la vettura. E deve essere scritto in modo che
lo capiscano tutti». Temiamo la risposta: De Mauro chi?
9 novembre 2021 (modifica il 9 novembre 2021 | 20:56)


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